Il prolasso vescicale può avere ripercussioni sulla qualità di vita di chi ne soffre, influenzando anche la sfera sociale e relazionale. Vediamo come si arriva alla diagnosi e quali sono i possibili trattamenti.
Il prolasso vescicale è il cosiddetto cistocele. Come abbiamo visto in un precedente articolo questo si verifica quando la vescica scivola verso il basso, dalla sua sede anatomica. Difatti, quando la fascia vescico-vaginale di tessuto connettivo che separa vagina e vescica cede, quest’ultima perde il suo sostegno e scende fino ad invadere la vagina. Tale condizione provoca il cistocele.
Si tratta di una condizione che, soprattutto in caso di prolasso avanzato, può notevolmente condizionare la vita di chi ne è affetta. Spesso si sceglie di non uscire, limitando qualsiasi spostamento o viaggio, e tutto ciò finisce col compromettere anche la propria vita sociale e relazionale.
PROLASSO VESCICALE: diagnosi
Per poter avere il quadro completo della patologia e stabilire l’adeguato trattamento terapeutico è fondamentale un’accurata visita uroginecologica. Questa consente di valutare la gravità del prolasso, la sintomatologia ad esso associata e quanto il disturbo influisca sulla qualità di vita della paziente. Ciò è possibile grazie in primis all’anamnesi e ovviamente all’esame obiettivo del canale vaginale.
Possono, inoltre, essere necessarie ulteriori indagini strumentali, quali:
- Esami urodinamici. Questi permettono di poter valutare il funzionamento della vescica e anche la sua capacità di contenzione, controllando quindi se questa si svuota correttamente
- Esame delle urine e urinocoltura. Il prolasso vescicale può comportare dei ristagni di urina che possono dar luogo a infezioni urinarie persino croniche. Per questa ragione è bene effettuare queste analisi nel caso si manifestino possibili sintomi associati ad infezione urinaria (pollachiuria; urgenza a urinare; difficoltà a urinare nonostante si avverta lo stimolo; dolore durante la minzione; ematuria; febbre etc.)
- Ecografia/Risonanza Magnetica. Questi esami consentono di poter valutare lo stato di salute dell’apparato urinario e genitale, nonché di evidenziare la presenza di un eventuale prolasso dell’utero
- Valutazione della muscolatura del pavimento pelvico. Difatti, il cistocele è dovuto principalmente ad un cedimento dei fasci muscolari che lo compongono
TRATTAMENTO
Il trattamento del prolasso vescicale dipende dalla sua gravità e tipologia. Se la vescica raggiunge la parete vaginale anteriore, protrudendo verso di essa in maniera lieve (prolasso di I°) o se, invece, la vescica protrude verso la parte esterna della vagina senza fuoriuscire completamente da quest’ultima (prolasso di II°), è possibile rallentare (e in taluni casi fermare) il cistocele mediante terapie non chirurgiche, quali:
- Esercizi di riabilitazione del pavimento pelvico. Questi sono in grado di rafforzare la muscolatura perineale e di risolvere un’eventuale incoordinazione dei fasci muscolari pelvici
- Terapia estrogenica. Nel caso di donne in menopausa lo specialista può valutare la possibilità di somministrare estrogeni, che aumentano la tonicità dei muscoli del pavimento pelvico
- Pessario. Questo anello, una volta posizionato al livello del fornice vaginale, sostiene la vescica, evitando che questa scenda verso il basso
Nel caso in cui la vescica fuoriuscisse completamente dalla vagina (prolasso di III°) e soprattutto se tale condizione fosse associata anche a prolasso uterino o rettale, sarebbe necessario intervenire chirurgicamente:
- Per via vaginale con impianto di mesh. In casi selezionati è possibile risolvere il prolasso vescicale mediante questo intervento mini invasivo che prevede l’utilizzo di mesh, ossia delle reti che mantengono la vescica nella sua sede naturale
- Cistopessi laparoscopica. L’intervento viene eseguito mediante 3 piccole incisioni effettuate sull’addome ed è finalizzato al riposizionamento anatomico della vescica e degli altri eventuali organi discesi
- Colpoplastica anteriore laparotomica. Previa un’incisione addominale, la vescica viene riposizionata nella sua sede naturale
Per maggiori informazioni, contattare il Prof. Paolo Barillari che opera presso la Casa di Cura Privata “Villa Mafalda” di Roma.
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