La mammografia è un esame radiografico che riesce ad individuare tutti i noduli, anche quelli non percepibili alla palpazione. L’esame prevede lo sviluppo di un doppio punto di vista: uno dall’alto e uno laterale. Così facendo si ottiene un’immagine utile ad avere una diagnosi precisa e affidabile.
L’importanza dello screening tra i 50 e 69 anni di età
Il Ministero della Salute indica come indispensabile lo screening per il cancro al seno tra i 50 e i 69 anni di età perché in questa fascia si concentra la maggior parte dei tumori al seno. In casi particolari, come una predisposizione familiare e genetica, è sempre meglio iniziare prima. La mammografia va poi eseguita ogni due anni per controllare gli eventuali segnali di cambiamento.
Secondo gli esperti dell’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC), se tutte le donne di questa fascia d’età partecipassero allo screening la mortalità del tumore al seno si ridurrebbe del 40%.
In alcune regioni l’età minima per uno screening con mammografia è stata abbassata proprio a scopo precauzionale. Un altro tema discusso è quello di portare lo screening da una volta ogni due anni ad una volta l’anno e aumentare l’età massima visto l’invecchiamento progressivo della popolazione.
Lo screening può dare luogo anche a falsi positivi, ovvero all’individuazione di lesioni che non sono di origine maligna. Per questo motivo non basta una sola mammografia ad identificare un tumore maligno al seno ma bisogna ricorrere a successivi esami diagnostici.
Cosa fare in caso di positività
La prima cosa da fare è effettuare ulteriori esami diagnostici al fine di individuare la natura esatta della lesione mostrata dallo screening. Successivamente, tramite consulto specialistico, identificare la migliore terapia. L’importante è non sminuire mai e farsi controllare da medici specialistici.
Prof. Paolo Barillari
Casa di Cura Villa Mafalda Roma