Il rettocele è una patologia specificatamente femminile che può insorgere a qualsiasi età, anche se è più facile riscontrarla nelle donne tra i 40 ed i 60 anni, multipare o che abbiano superato la menopausa.
Il rettocele si verifica quando una porzione dell’intestino retto protrude all’interno del lume vaginale a causa dell’indebolimento, più o meno severo, del pavimento pelvico (ossia dei muscoli che compongono il setto retto-vaginale).
CLASSIFICAZIONE DEL RETTOCELE
In base alla profondità della tasca del rettocele è possibile distinguere tre diversi gradi:
- 1° grado: quando è minore di 2 cm
- 2° grado: quando è compresa tra 2 cm e 4 cm
- 3° grado: quando è maggiore di 4 cm
A seconda della sede rispetto alla parete vaginale posteriore, possiamo distinguere:
- Rettocele Basso: si trova a livello del corpo perineale ed è dovuto a una separazione dei fasci del muscolo elevatore dell’ano, spesso come conseguenza di una episiotomia (incisione praticata per facilitare il parto vaginale) non ben riparata
- Rettocele Medio: è il più frequente, anch’esso legato ad una lacerazione ostetrica con danneggiamento dei sistemi di supporto del setto retto-vaginale
- Rettocele Alto: è associato al prolasso genitale
SINTOMI
Generalmente il rettocele si presenta in forma lieve, ma quando la protrusione del retto all’interno della vagina si fa più severa, i sintomi frequenti sono:
- evacuazione incompleta e difficoltosa
- dolore pelvico durante la defecazione
- dolore durante i rapporti sessuali
- senso di peso o dolenza anorettale che può irradiarsi anche all’area sacrococcigea
- tenesmo (ossia la contrazione spasmodica, e spesso dolorosa, dello sfintere anale, accompagnata da stimolo alla evacuazione anche senza emissione di feci) a cui spesso è associato un prolasso muco-emorroidario
- stipsi cronica da ostruzione rettale: la tasca del rettocele causa un’alterazione della dinamica della defecazione, sequestrando in fase espulsiva il bolo fecale; per questa ragione la maggior parte delle pazienti deve eseguire manovre di digitazione ed innalzamento del perineo.
CAUSE E FATTORI DI RISCHIO DEL RETTOCELE
Vi sono alcuni eventi che possono causare lo stiramento traumatico dei muscoli del pavimento pelvico. È giusto sottolineare, però, che non basta un singolo evento a provocare il rettocele, bensì la somma di diversi eventi traumatici, quali:
- Parto vaginale o con complicazioni come un travaglio molto lungo o un feto di grandi dimensioni. Le donne che hanno avuto più parti vaginali sono più soggette a questa patologia, poiché ogni singolo parto contribuisce all’indebolimento progressivo del pavimento pelvico
- Menopausa. Dopo la menopausa le donne producono meno estrogeni e questo indebolisce fisiologicamente i muscoli del setto retto-vaginale
- Obesità
- Stipsi cronica
- Bronchite cronica
- Predisposizione genetica
DIAGNOSI
La diagnosi di rettocele viene effettuata mediante un esame pelvico, a cui possono seguire ulteriori esami strumentali, come :
- Risonanza Magnetica
- Ecografia
- Defecografia. Questo esame serve a valutare l’efficienza di svuotamento intestinale
TRATTAMENTO
Il trattamento chirurgico del rettocele è indicato nei pazienti sintomatici per i quali quello conservativo e medico (biofeedback) ha fallito. Gli obiettivi del trattamento chirurgico sono:
- la correzione durevole del difetto anatomico con ripristino della funzione ano-retto-vaginale
- la concomitante correzione di anomalie responsabili di sintomatologie associate, quali incontinenza urinaria e fecale
- evitare complicanze o sequele (dolore, dispareunia secondaria, incontinenza post-operatoria)
La correzione del rettocele può essere effettuata per via transanale, transvaginale o transperineale; prevede l’utilizzo di diversi tipi di protesi, sintetiche e non, al fine di ottimizzare i risultati anatomici e funzionali a medio e lungo termine.
La correzione del rettocele con riparazione transperineale con protesi biologiche sembra la procedura ideale, poiché in grado di ridurre alcune complicanze associate all’uso delle protesi sintetiche.
Per dubbi o informazioni, contattare il Prof. Paolo Barillari che opera presso la Casa di Cura Privata “Villa Mafalda” di Roma