In caso di ernia ombelicale chi ne soffre può non avvertire la sua presenza. Nell’articolo di oggi vediamo come viene individuata e, se necessario, risolta.
Quando il rivestimento addominale, o anche una parte dell’intestino, fuoriesce fino a protrudere dalla sua sede naturale attraverso l’ombelico, parliamo di ernia ombelicale. Questa ha dimensioni che in genere possono variare da 1 a 5 cm.
CAUSE E FATTORI DI RISCHIO
La zona dell’ombelico rappresenta un’area di debolezza della parete anteriore addominale. Inoltre, alcune persone sono maggiormente predisposte ad andare incontro a questo tipo di problematiche a causa di fattori di natura costituzionale, come ad esempio la minor tonicità muscolare della parete addominale. Esistono tre diverse tipologie di ernie:
- Ernia embrionale (o fetale). È dovuta a problemi fisiologici nella chiusura incompleta o difettosa della parete addominale durante la gestazione ed è, quindi, una cosiddetta “ernia congenita”
- Ernia neonatale (o onfalocele). Si verifica subito dopo la caduta del cordone ombelicale e spesso è causata dalla malnutrizione della mamma durante la gravidanza o da problemi di ritardo nella cicatrizzazione del cordone ombelicale o di trattamento errato della ferita
- Ernia ombelicale che si presenta nell’adulto. Anche se può essere la conseguenza di uno sforzo eccessivo, è sempre riconducibile ad uno scarso tono muscolare della parete addominale e all’aumento della pressione intraddominale, causato a sua volta dalla presenza di:
– ascite (presenza di liquido addominale come conseguenza di patologie epatiche o neoplastiche)
– cirrosi
– gravidanze multiple
– obesità
– stipsi ostinata e ripetuta
– tosse cronica
– lavoro fisico (o attività fisica) estremamente pesante
– tumori della cavità addominale
DIAGNOSI
In genere il gonfiore (localizzato nella zona sovrastante o sottostante la regione ombelicale) che caratterizza un’ernia ombelicale risulta visibile sotto sforzo o in posizione eretta. Per questa ragione solitamente lo specialista è in grado di stabilire se si tratti di ernia ombelicale durante una semplice visita, attraverso l’osservazione e la palpazione dell’addome del paziente. Al fine di evidenziare meglio la protrusione, lo specialista potrebbe chiedere al paziente di tossire. In questo modo è possibile anche verificare l’aumento del dolore durante il colpo di tosse.
Talvolta potrebbe rendersi necessario effettuare degli esami strumentali, quali:
- Ecografia
- Test di imaging a raggi X o ad ultrasuoni. Questi consentono di escludere eventuali concomitanze con altre patologie o accertare la presenza di aderenze o liquidi
ERNIA OMBELICALE: trattamento e decorso post-operatorio
Non è possibile trattare farmacologicamente una ernia ombelicale, in quanto come abbiamo visto ha un’origine meccanica ed è, quindi, dovuta ad uno spostamento di parti interne.
Generalmente nei neonati l’ernia si risolve spontaneamente entro i 12-18 mesi di vita e non rappresenta pertanto una condizione allarmante.
Nell’adulto risulta necessario intervenire chirurgicamente nel caso in cui l’ernia:
- Non regredisca
- Aumenti di volume
- Ci sia un’elevata probabilità che si vada incontro a strozzamento. Tale condizione si verifica quando l’intestino tende ad attorcigliarsi e incastrarsi nella porta erniaria, interrompendo l’afflusso di sangue. La pericolosità sta nel fatto che lo strozzamento può portare ad una conseguente ischemia
L’intervento di riduzione di un’ernia ombelicale prevede:
- La ricollocazione delle viscere
- La ricostruzione dell’orifizio ombelicale
- La saturazione delle fasce addominali
- Il rafforzamento (se ritenuto necessario) della parete addominale mediante l’utilizzo di reti in materiale biocompatibile permanente
Un’ernia ombelicale che si verifica in seguito ad una gravidanza rientra spontaneamente. Qualora dopo almeno 10 mesi dal parto non dovesse essere rientrata, si può considerare l’ipotesi di un intervento chirurgico.
Di norma Il decorso post-operatorio è piuttosto rapido, tuttavia è consigliabile evitare sforzi eccessivi nei primi giorni dopo l’intervento.
Per quanto riguarda la ripresa dell’attività lavorativa sono sufficienti dai 10 ai 15 giorni. Al contrario, per l’attività sportiva è opportuno aspettare almeno 20 giorni e solo dopo controllo medico.
Per maggiori informazioni, contattare il Prof. Paolo Barillari che opera presso la Casa di Cura Privata “Villa Mafalda” di Roma.
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