Il carcinoma mammario rappresenta la patologia neoplastica più presente nel sesso femminile: sempre più spesso tante giovani donne si approcciano a questo problema. La necessità della scienza è fornire una risposta che abbia un’invasività ridotta il più possibile e che rispetti la qualità di vita delle pazienti. Negli ultimi anni la chirurgia ha avuto una notevole evoluzione: siamo passati da interventi che avevano conseguenze mutilanti, in cui venivano asportati anche i muscoli della mammella, a interventi molto più conservativi dell’integrità del tessuto mammario. Il Prof. Veronesi, capostipite di questo nuovo pensiero applicato alla chirurgia, sperimentò per primo, alla fine degli anni Settanta, un intervento di quadrantectomia che comporta l’asportazione di un solo quadrante della ghiandola mammaria. Negli anni è stato notato che anche la linfoadenectomia – l’asportazione dei linfonodi che drenano le cellule neoplastiche del tumore – ha un ruolo sempre meno terapeutico e sempre più informativo: infatti, meno linfonodi vengono rimossi, più il nostro organismo è capace di rispondere positivamente al tumore. A Milano e a Los Angeles sono stati compiuti studi sul linfonodo sentinella – il linfonodo verso cui il tumore drena principalmente le cellule anaplastiche. Esistono due modi per circoscrivere il linfonodo sentinella del tumore: un metodo scintigrafico oppure con l’utilizzo di un decolorante. Sono metodi che hanno entrambi la loro efficacia, sebbene quello scintigrafico sia più accurato (si parla di un’approssimazione del 98 percento). Questa chirurgia, così ridotta, ci ha portato a pensare di applicare alla chirurgia mammaria le stesse indicazioni che abbiamo applicato ad altri interventi che interessano muscoli, o interventi proctologici, di solito svolti esclusivamente in anestesia locale. Dal 1994, A Villa Mafalda facciamo l’intervento per l’asportazione del tumore della mammella in anestesia locale.
Come avviene questo intervento
Dopo la diagnosi mammografica, ecografica o con risonanza magnetica, la paziente viene condotta in sala operatoria, dove le viene iniettato il colorante vitale o il tracciante scintigrafico. In seguito viene fatta un’iniezione di anestesia locale sulla mammella stessa e le viene asportato il nodulo mammario. Il nodulo mammario viene immediatamente analizzato dai patologi. In base alla risposte dell’esame patologico, vengono valutati immediatamente, nella stessa sala operatoria, i margini di resezione – il tessuto sano intorno al tumore, che deve essere almeno di un centimetro per lato. A questo punto viene asportato il linfonodo sentinella tramite una seconda incisione sull’ascella, oppure prolungando leggermente la prima incisione. Tutto questo avviene in anestesia locale. Si divarica il grasso che sta all’interno dell’ascella, dove si trova questo linfonodo: il linfonodo può essere individuato con due modalità: se è stato iniettato il tracciante scintigrafico c’è un probe (una sonda) che comincia a suonare quando si è vicini al linfonodo sentinella, oppure il colorante vitale colora il linfonodo di blu. Se il linfonodo sentinella è preso dal tumore si continua la linfoadenectomia, in anestesia locale. È un’operazione che non genera particolari fastidi, al più piccole scosse durante le manovre: nell’ascella ci sono minuscoli nervi sensitivi, invisibili a occhio nudo, che quando vengono toccati provocano una sensazione lievemente fastidiosa, simile a quando si sbatte il gomito. Finita la linfoadenectomia, che può comportare l’asportazione del solo linfonodo sentinella o di tutti i linfonodi dell’ascella, l’ascella viene richiusa senza nessun drenaggio, viene cioè riportata la cute che sta lateralmente all’ascella sulla parete toracica e viene suturata la cute in modo tale che l’aspetto finale sia quello di un seno più alto di quello iniziale. Il vantaggio di questo modus operandi sta nell’esorcizzare l’intervento: la paziente è consapevole che l’intervento è semplice e la patologia banale, perché può essere curata con un intervento ambulatoriale. La sera stessa la paziente ritorna alle sue normali funzioni, ritorna in famiglia. Sarà rimedicata dopo 24 ore, le vengono tolte le bende, Il trattamento generalmente non è concluso con la chirurgia, (lo stesso varrebbe se l’intervento fosse fatto in anestesia generale) perché a interventi conservativi sulla mammella sono sempre associati cicli di radioterapia e di ormonoterapia, solo in casi più gravi cicli di chemioterapia. Con questa metodica abbiamo eseguito oltre 600 interventi. È capitato che all’inizio della nostra esperienza, quando eravamo meno capaci di controllare bene il dolore, abbiamo avuto due o tre casi di pazienti che hanno voluto interrompere l’intervento per essere operati in anestesia generale. Ormai però sono molti anni in cui le pazienti accentano, soprattutto se ben preparate e consapevoli del fatto che la risposta dell’esame istologico può essere quella di un tumore, molto felicemente ci riportano a distanza di qualche giorno un ricordo favorevole dell’intervento, che viene vissuto non come un evento così grave come quello che viene fatto con un ricovero ospedaliero, con la mancanza della famiglia vicino. Molto spesso un familiare della paziente può farle compagnia in sala operatoria; naturalmente non assiste all’intervento, ma può confortare la paziente. È chiaro che il momento della consapevolezza della diagnosi non sia un momento facile. Anche questo è un palliativo per la paziente, che riesce a viversi la situazione nel modo più confortevole e meno traumatico possibile.
Prof. Paolo Barillari, Medico chirurgo, Specialista in Chirurgia
Casa di Cura Villa Mafalda Roma, via Monte delle gioie, 5
Articolo preso dal sito Villa Mafalda Blog